
Il ruolo del Caregiver nello sviluppo del linguaggio del bambino
Dagli ultimi studi, su origine e sviluppo del linguaggio, emergono importanti scoperte che coinvolgono direttamente le persone che si prendono cura dei bambini durante la loro crescita.
Per questo motivo mi riferisco in generale ai Caregiver, ma anche agli Educatori. Come viene appreso il linguaggio dal bambino? Le ultime scoperte sui neuroni specchio hanno portato a considerare la
cognizione sociale come una nuova forma di azione, un agire col corpo. Si parla
di intersoggettività “embodied”, quindi incarnata. L’interazione tra bambino e
Caregiver avviene attraverso il corpo sin dai primi momenti di vita, e non
solo, attraverso le nuove ecografie in 4D, è stato possibile appurare che il
feto interagisce ai differenti stimoli legati al linguaggio anche in fase
pre-natale. L’interazione che il bambino ha con le persone di riferimento
gettano le basi per lo sviluppo delle abilità che lo porteranno a produrre le
parole. Ma la comunicazione, intesa come la capacità di condividere, elaborare
ed esprimere intenzioni, viene allenata a prescindere dall’espressione della
parola. Prima di acquisire competenze semantiche, il bambino deve allenare
altre competenze che lo porteranno allo sviluppo della così detta join
attention, l’attenzione congiunta. L’attenzione congiunta è la capacità
di triangolare l’interazione, passando da una intersoggettività primaria (diade
madre-bambino), ad una intersoggettività secondaria che prevede da parte del
bambino la capacità di alternare il focus sulla persona e sull’oggetto
presente. Attraverso l’attenzione condivisa, il bambino apprende il significato
delle cose, la loro funzione, ma impara anche a condividere e poi ad
inter-agire, intuendo anche le intenzioni dell’altro. Sviluppare la join
attention è fondamentale in quanto lo porterà da adulto ad avere più facilità
nella comunicazione interpersonale, nella pragma comunicazione ed anche nella
capacità di empatizzare con l’altro.
Ma quali sono le capacità base per sviluppare l’attenzione condivisa?
Tommasello ne ha identificate due:
1. La capacità di seguire
l’attenzione della persona di riferimento, quindi osservando il movimento
oculare e seguendolo nel passaggio all’oggetto;
2. La capacità di
dirigere l’attenzione dell’interlocutore, quindi lo sguardo, verso l’oggetto
prescelto attraverso il pointing.
Queste funzioni importanti sono alla base della comunicazione e della
capacità di condividere il focus (sharing attention). Esse sono, infatti,
correlate alle future competenze linguistiche del bambino e quanto prima il
bambino inizia ad indicare (pontig), quanto prima dirà le prime parole e avrà
un vocabolario ampio.
Come si può notare il Caregiver gioca un ruolo fondamentale nell’acquisizione
del linguaggio del bambino: prima, imitandone le espressioni del viso e, poi,
attivando la join attention. Che cosa può fare, quindi, il
genitore? Essere consapevole che il bambino impara attraverso l’osservazione e
che l’ambiente informale della casa è la prima palestra dove può sperimentarsi
ed acquisire le competenze comunicative sopra indicate. Il genitore,
pertanto, ha la possibilità di creare quelle condizioni che possono favorirne
lo sviluppo, dedicando, ad esempio, degli spazi dove poter interagire insieme
attraverso l’utilizzo di giochi ed oggetti di vita quotidiana. Le educatrici
potranno poi proseguire quanto fatto dal genitore, ma difficilmente si potranno
sostituire a lui/lei, soprattutto per quanto concerne lo sviluppo di abilità in
fase gestazionale e subito dopo la nascita.